Gaville è una località del Valdarno Superiore, menzionata la prima volta nel 1152, è posta alla sinistra dell'Arno, a 350 metri di altezza, sul fianco orientale del Montedomini, nell’odierno comune di Figline e Incisa Valdarno.

Il territorio di Gaville è stato abitato fin dall'antichità e gli insediamenti sono stati favoriti dalla posizione strategica dei luoghi, attraversati da una viabilità di epoca romana (Cassia Adrianea o una sua diramazione) che collegava la valle dell'Arno con i rilievi del Chianti.
Da Gaville presero nome un castello medievale e due chiese, una dedicata a S. Romolo vescovo di Fiesole, ed una a S. Clemente Papa, oltre che un ospedale dedicato a S. Michele. Del Castello di Gaville si ha memoria nel 1174. Era una dei più forti castelli del Valdarno Superiore. Apparteneva alla potente famiglia feudale degli Umbertini che dettero tanto filo da torcere alla Repubblica di Firenze. E' stato immortalato da Dante nel XXV canto dell'Inferno quando dice "l'altro era quel che tu Gaville piagni".

Luogo di transito fin dai tempi antichi, i ritrovamenti di laterizi e vasi dell'età imperiale avvenuti in prossimità dell'edificio di culto durante lavori di restauro confermerebbero l'esistenza di un "pagus" romano. Qui sorge oggi la pieve con il suo complesso rurale, ricordata in documenti del monastero di Montescalari dell'XI sec. con l'appellativo di "S. Romolo a Cortule", dove "cortule" (cortile) potrebbe essere un retaggio dell'organizzazione agraria dei secoli precedenti all'anno Mille. La ricostruzione della pieve, iniziata poco dopo l'anno 1000.
L'edificio, addossato ad una torre preesistente poi adattata a campanile.

Nel periodo di massima espansione il piviere comprendeva trenta popoli e spaziava dalla riva sinistra dell'Arno fino ai monti del Chianti. Nel 1175 il piviere fu praticamente dimezzato in seguito all'istituzione della pieve di S. Maria a Figline.
La facciata si caratterizza per una grande semplicità: nel bozzato di pietra si apre la porta sormontata da una lunetta ormai priva dell'affresco di scuola senese del quale possiamo vedere la sola sinopia all'interno della chiesa.
La bifora, posta in alto sulla facciata era stata tamponata durante interventi settecenteschi per essere ripristinata durante gli ultimi restauri in seguito al ritrovamento nel terreno circostante della colonnetta e del suo capitello entrambi intatti. Una passeggiata fino all'abside ci permetterà di notare, inglobate nel paramento murario, due piccole pietre recanti decorazioni: motivi geometrici ed un volto umano appartenenti, con probabilità, ad un preesistente edificio di culto.

L'interno, come era facilmente intuibile dal profilo della facciata, presenta lo spazio diviso in tre navate (divise da archi a tutto sesto), il tetto, come da tradizione, è sorretto da capriate lignee mentre il piano di calpestio è diviso su più livelli.
L'edificio ha assunto l'aspetto attuale in seguito agli interventi di restauro effettuati negli anni 1947-1968, necessari per riparare i gravi danni provocati dalla 2° guerra mondiale, furono occasione per asportare tutte le superfetazioni aggiunte nel tempo, in particolare nel XVIII sec., e riportare la chiesa al suo presunto aspetto originario.
Per capire a fondo ed apprezzare le decorazioni di una chiesa romanica dobbiamo innanzitutto sapere che scopo primario della decorazione non era ''l'estetica'' ma la ''comunicazione''. Così accanto a capitelli con motivi fitomorfi ne troviamo altri che ci illustrano i testi sacri e ci parlano della creazione del mondo. Particolarmente interessanti sono il primo ed il terzo capitello di sinistra: l'uno presenta due uccelli affrontati inscritti in un cerchio, da alcuni interpretati come pellicani, l'altro, molto complesso, presenta ai 4 spigoli un'aquila, una figura maschile nell'atto di afferrarsi la barba biforcuta, una figura femminile alla quale un animale alato morde il seno ed infine un'altra figura maschile. Elementi fìtomorfi completano la decorazione.
Pregevoli anche le opere conservate all'interno della pieve. Nella navata sinistra troviamo una bella annunciazione della scuola del Ghirlandaio (XV sec.). Passando alla navata destra troviamo la sinopia dell'affresco un tempo collocato sulla lunetta, opera di scuola senese degli inizi del '400 e la grande tela raffigurante S. Michele Arcangelo di ambito Fiorentino (XVIII sec.).

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